Biblioteca e Sala del Mappamondo
La Biblioteca Comunale di Fermo nasce come biblioteca pubblica
e vanta oltre tre secoli di storia. Il suo nucleo originario è costituito
dalla Sala del Mappamondo, ubicata presso il Palazzo dei Priori
in Piazza del Popolo. La maestosa sala, interamente scaffalata in
legno di noce, conserva il fondo più antico della Biblioteca, costituito
da circa sedicimila volumi, prevalentemente del XVI secolo, provenienti
in gran parte dalle donazioni di Romolo Spezioli, medico fermano
di fiducia della Regina Cristina di Svezia a Roma. Nell’ambiente
è collocato il Mappamondo disegnato nel 1713 dal cartografo Silvestro
Amanzio Moroncelli, di circa due metri di diametro e di splendida
fattura.
La Biblioteca, meta ambita da ricercatori e studiosi di tutto
il mondo, conserva tra il Palazzo dei Priori e l’adiacente Palazzo
degli Studi codici riccamente miniati, edizioni a stampa rarissime,
un fondo grafico inesauribile. Complessivamente le collezioni comprendono
circa 3000 manoscritti, 127 codici, 300.000 volumi tra i quali 681
incunaboli, oltre 15.000 edizioni del Cinquecento, 23.000 edizioni
in miscellanea, numerosissimi esemplari di Sei e Settecento e stampati
musicali; sono inoltre disponibili più di 800 testate di riviste
storiche, 5.000 disegni e 6.500 incisioni, monete, sigilli, cimeli
di varia natura.
Cisterne
Romane e Museo Archeologico
La storia più remota di Fermo è narrata dai reperti piceni
conservati nel Palazzo dei Priori e dalle Cisterne Romane situate
in Via degli Aceti.
L’ampio complesso delle grandi Cisterne Romane, databili al
I secolo d.C., è situato nella suggestiva Via degli Aceti e si estende
sotto l’antico convento domenicano annesso alla bella chiesa di
San Domenico. La struttura sotterranea, sulla cui superficie sorgeva
il foro, è composta da trenta ampi vani disposti su tre file parallele,
che raccoglievano l’acqua piovana e sorgiva per distribuirla in
città.
Le notevoli dimensioni e l’ottimo stato di conservazione aggiungono
fascino ad un viaggio sotterraneo attraverso la tecnologia e l’ingegneria
idraulica romana che prosegue in tutto il sottosuolo cittadino con
una fitta rete di cunicoli ed emerge in superficie con numerose
fontane. All’interno dei maestosi ambienti si possono notare le
tecniche costruttive in calcestruzzo delle imponenti murature, le
tracce dell’intonaco impermeabile, i pozzetti di aerazione per la
depurazione e le tubature.
Fermo è notoriamente luogo strategico per capire lo sviluppo
delle civiltà picena e romana nel quadro più generale del territorio
circostante. La sezione museale picena è articolata in tre sale.
Nella prima si offre una rapida sintesi dell’archeologia di
Fermo pre-romana, aggiornata fino alle ultime scoperte e basata
sui risultati degli scavi sistematici condotti sin dall’inizio del
‘900 nel territorio comunale.
Le urne cinerarie e il corredo di due tombe dell’VIII sec.
a. C., una maschile e l’altra femminile, esemplificano la natura
del territorio come isola culturale villanoviana nella prima età
del ferro. Il corredo di una tomba ad inumazione della fine del
VI sec. a. C. e lo skyphos (recipiente di ceramica) a vernice nera
di un’altra sepoltura del IV/III sec. a. C. documentano la prosecuzione
ininterrotta dell’insediamento, ormai completamente riassorbito
nel contesto indigeno della civiltà picena.
Il Museo Diocesano
Il Museo Diocesano è ubicato a fianco della Cattedrale Metropolitana,
quasi un suo ideale prolungamento, nei locali dell’Oratorio e pertinenze
della estinta Confraternita del Suffragio. Il Museo vuole raccontare
la storia e le espressioni artistiche di una vasta comunità, sparsa
nella Arcidiocesi fermana che consta di ben 58 Comuni, tutti profondamente
legati alla Cattedrale e a quanto significa. Le opere sono, infatti,
una scelta di quelle conservate nel Tesoro della Cattedrale stessa,
con l’aggiunta di altre provenienti dall’Arcivescovado, da chiese
di Fermo e dalla Arcidiocesi. Vi sono esposte testimonianze di
un arco di tempo che dall’arte paleocristiana giunge fino agli inizi
del ‘900, ripercorrendo le diverse fasi costruttive della Chiesa,
la presenza di insigni vescovi, i rapporti con il papato, la liturgia,
la devozione. Poiché le suppellettili, gli arredi, i dipinti, i
paramenti hanno sempre un preciso riferimento al culto cristiano
nei molti secoli di storia e hanno impresse le norme delle diverse
riforme liturgiche, spesso risultano di difficile interpretazione
ed è arduo coglierne il valore, il significato, l’uso. Tutto ciò
ha indotto a pensare e organizzare una esposizione per tipologie
omogenee, seguendo poi, all’interno di ognuna di esse, epoche e
stili. Le sezioni più ampie sono così costituite: Sala dell’Argenteria
(calici, ostensori, pissidi, reliquiari, ecc…), suppellettili sacre
di splendida fattura, tra cui due calici gotici, un tempietto in
lapislazzuli, il servizio pontificale del card. Brancadoro del celebre
orafo G. L. Valadier, l’ostensorio del card. De Angelis e numerosi
altri lavori di celebri argentieri e orafi romani e locali (Piani,
Raffaelli); le Sale dei Paramenti sacri dal ‘600 agli inizi del
‘900. Collocazione particolare è riservata alla Casula di San Tommaso
Becket, frutto dell’arte tessile di origine araba datata al 1116,
dono alla Chiesa fermana della madre del Santo in ricordo dell’amicizia
tra San Tommaso e il vescovo fermano, Presbitero. La Quadreria poi
si dispiega in due sale e raccoglie opere di celebri artisti: Marino
Angeli, Vittore Crivelli, Carlo Maratta, Pomarancio, Corrado Giacquinto,
Hayez, Luigi Fontana.
Musei
Scientifici di Villa Vitali
L’ottocentesca Villa Vitali, ubicata sulla via principale
che dal mare conduce a Fermo, custodisce, come un antico scrigno,
i gioielli scientifici della città: il Museo Polare Etnografico
“Silvio Zavatti”; il Museo di Scienze Naturali “Tommaso Salvadori”;
la Collezione di apparecchi fotografici e testi sulla fotografia
“Alfredo Matacotta”; il Meteorite “Fermo”. Il Museo Polare Etnografico,
nato nel 1969 a Civitanova Marche per volontà dall’esploratore e
studioso Silvio Zavatti ed acquisito dal Comune di Fermo nel 1993,
è l’unica istituzione museale, nel nostro Paese, interamente dedicata
alla cultura, alla geografia e alla storia dei popoli artici, nonché
alle ricerche polari artiche italiane. L’intera struttura è articolata
in cinque sale espositive, una biblioteca, un centro di documentazione,
un’aula didattica. Il museo è parte integrante dell’Istituto Geografico
Polare (attualmente impegnato, con il CNR, nel progetto “Carta dei
Popoli Artici”) e i suoi locali ospitano anche la redazione della
rivista scientifica internazionale “Il Polo”. Oltre a varie, periodiche
iniziative mirate, il museo offre per tutto l’anno un servizio di
visite guidate e una serie di laboratori didattici per ragazzi.
Il Museo di Scienze Naturali accoglie un’importante collezione
ornitologica, costituita da 500 esemplari, conservati ancora negli
armadi originali. Suddiviso in quattro sale, il museo offre, oltre
ad un inquadramento della figura di Tommaso Salvadori nell’ambito
scientifico del secolo XIX, anche un’interessante descrizione dell’ambiente
naturale marchigiano dell’epoca. Fra gli esemplari più significativi
presenti nella raccolta, si distinguono l’avvoltoio monaco, l’otarda,
il pellicano e il cormorano minore.
Assai preziosa, anche per la rarità di taluni reperti, si
rivela la Collezione Matacotta, con ben 166 pezzi (fra cui corpi
macchina, obiettivi, esposimetri, filtri, cineprese) esposti nella
Sala Ovale di Villa Vitali, che testimoniano incisivamente l’evoluzione
della tecnica fotografica a partire dalla seconda metà dell’Ottocento,
ben supportati anche da una fondo librario in cui sono presenti
173 pubblicazioni specialistiche.
Teatro Comunale dell'Aquila
Salendo verso la Cattedrale, lungo Via Mazzini, si accede
allo splendido Teatro Comunale “dell’Aquila”. Fu edificato su progetto
dell’Architetto Cosimo Morelli di Imola (1729-1812) a partire dal
1780 in sostituzione di quello ligneo, andato perduto a causa di
un incendio, che era posto nell’attuale Salone dei Ritratti nel
Palazzo dei Priori. Aperto il 26 settembre 1790, il Teatro è da
oltre 200 anni uno dei poli principali dell’attività culturale delle
Marche. Conta centoventiquattro palchi su cinque ordini a cornice
della platea per una capienza complessiva di circa 1000 posti. Pregevole
è il dipinto del soffitto, pittura a tempera opera di Luigi Cochetti
(Roma 1802-1884), allievo del Minardi, raffigurante i Numi dell’
Olimpo, con Giove, Giunone, le tre Grazie e le sei Ore notturne
danzanti, intenti ad ascoltare il canto di Apollo. Al centro splende
il lampadario a 56 bracci in ferro dorato e foglie lignee, alimentato
originariamente a carburo ordinato a Parigi nel 1830. Notevole anche
il sipario storico, anch’esso opera del pittore Luigi Cochetti,
raffigurante Armonia che consegna la cetra al genio fermano. Lo
scenografo scaligero Alessandro Sanquirico (Milano1777-1849), il
maggiore del tempo, dipinse per il Teatro sei suggestivi fondali,
tuttora conservati nei magazzini. Estremamente importanti anche
perché unici fondali originali dell’artista oggi esistenti.